Non tanto per estetica minimalista o interfaccia centrata su un prompt.
Il punto è che sta cambiando radicalmente il modo in cui gli utenti interagiscono con i contenuti, e quindi anche come i motori di ricerca interpretano valore, pertinenza, autorevolezza.
In mezzo a tutto questo, stanno emergendo due frontiere che riscrivono le regole del gioco SEO:
RAG + E-E-A-T da una parte, AEO (Answer Engine Optimization) dall’altra.
E no, non è roba da futuristi: è già tutto qui, davanti ai nostri occhi.
La rivoluzione conversazionale e il tramonto delle homepage tradizionali
Quando entri su ChatGPT, non leggi, chiedi.
Stai accedendo a una knowledge base conversazionale, non a un sito statico.
Ora immagina un utente che entra sul tuo sito e invece di sfogliare categorie o leggere una “mission aziendale”, chiede direttamente:
“Mi consigli un piano tariffario per una famiglia di 4 persone che fa molti viaggi all’estero?”
“Qual è la differenza tra i vostri modelli 55 e 75 pollici?”
Questo è ciò che vedremo sempre più spesso: homepage che smistano, elaborano, suggeriscono e rispondono.
Come? Usando modelli RAG.
Cos'è il RAG e perché si sposa con E-E-A-T?
RAG = Retrieval-Augmented Generation.
È una tecnica in cui un LLM (modello di linguaggio) non inventa risposte, ma recupera informazioni da fonti attendibili (es. database, contenuti editoriali, documenti del sito) e poi le sintetizza.
In ambito SEO, il RAG potenzia la risposta con contenuti realmente presenti sul tuo sito.
E se i tuoi contenuti sono ben strutturati, firmati, aggiornati e coerenti con l’E-E-A-T (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità)…
Be’, Google si accorgerà che sei la fonte da cui i modelli dovrebbero attingere.
Quindi:
RAG ti trasforma in fonte di contenuto per AI (anche esterne, tipo SGE, Perplexity, ecc.)
E-E-A-T ti dà la legittimità per essere scelto come fonte.
AEO: quando il contenuto SEO non è più fatto per Google, ma per chi fa domande
AEO = Answer Engine Optimization.
È l’adattamento della SEO a un mondo dove le persone non cercano più con keyword secche, ma pongono domande complete, in linguaggio naturale.
Non scrivi più per “scarpe da corsa uomo”, ma per:
“Quali sono le scarpe da corsa più adatte per chi ha problemi alle ginocchia?”
E il contenuto deve:
Capire l’intento dietro la domanda
Rispondere subito (senza girarci intorno)
Fornire approfondimenti modulari, che l’AI può estrarre come parti autonome
In pratica, i contenuti devono diventare API mentali.
Piccoli blocchi semantici riutilizzabili e integrabili nelle risposte AI.
Quindi… che forma avrà la SEO entro il 2026?
Probabilmente così:
Homepage “prompt-first”
Dove l’utente chiede e riceve risposta, grazie a un sistema RAG integrato nel sito.Contenuti modulari e semantici
Pensati non per essere letti tutti in fila, ma per essere spezzettati, citati, e riusati nelle risposte di motori AI.Architettura basata su entità e intenti
Più che sulle keyword. Google vuole fonti che parlano con chiarezza, non che rincorrano le stesse 20 parole chiave.SEO che scrive per chi chiede, non per chi cerca
La differenza è sottile, ma letale: scrivere per chi cerca porta traffico.
Scrivere per chi chiede porta valore.
E allora, cosa devono fare oggi i brand intelligenti?
✅ 1. Preparare contenuti “rag-friendly”
Ben strutturati
Semanticamente densi
Con riferimenti a fonti interne
Firmati da autori reali e autorevoli
✅ 2. Usare l’AI per capire l’intento reale dietro le query
Modelli NLP che clusterizzano domande per tono, scopo, emozione
Analisi delle domande nei canali interni: chat, CRM, mail, form
✅ 3. Integrare sistemi di AI conversazionale sul sito
Non un chatbot banale, ma un’interfaccia che risponde con i tuoi contenuti, in stile ChatGPT.
Vuoi diventare la fonte? Fatti trovare già in formato “risposta”.
Conclusione (spietata ma onesta)
Se il tuo sito sembra un catalogo IKEA del 2012,
e il tuo contenuto è scritto come un post su Facebook del 2017,
ti ritroverai nel 2026 a chiederti perché le AI ti ignorano.
RAG + E-E-A-T + AEO non sono mode. Sono la nuova grammatica della visibilità.
E chi non la impara, sarà semanticamente muto.
O peggio: irrilevante.
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