Pensare semplice. Pensare figo. In queste due espressioni si concentra il marketing nell’era dell’intrattenimento e in realtà anche nelle ere precedenti. Ogni volta che penso alla competizione tra Open AI e Google, non posso fare a meno di ricordare cosa era Microsoft a metà degli anni ‘90 e cosa era Apple in quello stesso periodo, nell’era immediatamente precedente al ritorno di Steve Jobs.
Microsoft teneva in mano praticamente da un decennio, l’intero mercato dei personal computer, mentre Apple era una realtà un tempo rivoluzionaria, ma a quell’epoca in condizione di stallo totale, incapace di attirare l’attenzione delle persone, ormai tutte assoggettate alla flessibilità di Windows, pur con tutti i problemi di stabilità che comportava.
La “scienza” di Steve Jobs non fu quella di tirare fuori dal cappello un computer semplicemente migliore, ma fu appunto pensare in modo semplice e figo. Il suo ritorno trionfale fu la presentazione dell’iMac nel 1998, un computer, racchiuso in uno schermo traslucido talmente figo che mentre la videocamera gli girava intorno per mostrarlo anche dietro - e per inciso, dietro era più bello che davanti - tutta la stampa aveva già la bava alla bocca. In quel momento non importavano i problemi di compatibilità che ancora c’erano con un milione di software e non importavano le prestazioni. Era troppo figo.
L’iMac divenne il computer che tutti i designers mostravano nei progetti di arredamento, dapprima per le camere dei bambini, poi come computer per la casa, alimentandone la desiderabilità. Ora va da sé, che riuscendo per un momento a venir fuori dal famoso “campo di distorsione della realtà” in cui Jobs viveva, comprare un iMac razionalmente non conveniva, perché costava un botto e avrebbe avuto problemi di compatibilità per gli anni a venire, tuttavia prometteva maggiore stabilità e soprattutto era più facile da usare.
Più stabile, più facile da usare, più figo
Se ci pensi, queste stesse caratteristiche segnano la differenza che c’è oggi tra Google e OpenAI rispetto alla ricerca web. Google è un gigante, proprio come lo era Microsoft a metà anni ‘90, con un vantaggio enorme in termini di possesso dei dati. Se però guardi alla comunicazione delle due company, da un lato Google spinge su innovazioni come NotebookLM, una piattaforma avanzata per la gestione delle note, che funziona come un assistente a intelligenza artificiale che tira fuori dati pescandoli dal tuo patrimonio di documenti. Dall’altro lato, Open AI rende virali le illustrazioni in stile studio Ghibli e la creazione delle action figure a partire da una tua foto, da cui una volta superate le condivisioni narcisistiche, scatta una viralità inevitabile che chiama in causa tutte le declinazioni ironiche del caso.
Da questa storia ho imparato che il marketing deve funzionare da innesco, che la potenza a livello tecnico è una condizione necessaria, ma tutt’altro che sufficiente. Se a un lancio non segue una reazione del pubblico, allora quel lancio finisce nel nulla, proprio come l’albero gigante che cade nella foresta disabitata, di cui nessuno si accorge. Allora Google è avanti e continuerà a dettare legge per decenni, esattamente come ha continuato a fare Microsoft dopo il “ritorno” della Apple, ma esattamente come è capitato a Microsoft, anche Google dovrà cedere quote di mercato (e chissà quante) ad OpenAI che da parte sua ha saputo capitalizzare il vantaggio di essere uscita per prima con una chat basata su AI generativa.
Google aveva questa stessa tecnologia pronta da diversi anni, ma si era guardata bene dal farla uscire, avendo un business basato sugli annunci pubblicitari. È stata costretta a farlo per inseguire un concorrente che faceva paura.
Ma vi rendete conto di cosa significa costringere Google a inseguire ? Perché è questo che succede, mentre il mercato delle AI è diventato in pochi mesi un far west in cui arrivano cercatori d’oro da ogni parte, consolidando il vantaggio del primo arrivato.
In questo scenario e a maggior ragione con le considerazioni che ho fatto qui, ormai tutti i SEO sono consapevoli che il nostro mestiere riguarda la RICERCA in senso ampio e non può fermarsi alle misurazioni dei click degli utenti e all’analisi delle performance dei siti web, bensì deve approfondire la comprensione dei comportamenti, perché occorre capire come generare risposte diffuse e condivise a fronte di azioni di comunicazione che non possono più limitarsi alla mera proposizione dello sconto o della formula commerciale “definitiva”, ma che devono seguire quelle logiche di intrattenimento narcisistico che caratterizzano più che mai i tempi in cui ci troviamo.
Insomma, lo sconto, non intrattiene.
E nemmeno NotebookLM.
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