Il web si misura o si comprende?
Il post di oggi è un piccolo sfogo nei confronti di chi fa posizionamento e marketing con la calcolatrice in mano. Per le cose che contano, quanto serve saper contare?
La sociologia non è solo feste e salotti “nobili” in cui i baroni di turno se la raccontano sul gossip geopolitico o sulla disoccupazione a Taiwan come sogno proibito dell’operaio medio. Nel nostro mondo ci sono questi grossi convegni accademici in cui intervengono sistematicamente ad esclusione reciproca i metodologi americani da un lato, legati alle scienze positive, quelli secondo cui il dato contiene la verità sulle cose e dall’altro quelli europeri, soprattutto francesi, legati alla scuola comportamentista che studia i fenomeni sociali a partire dalle relazioni.
Se i primi smontano la realtà riducendola a un fenomeno statistico, i secondi tentando di comprendere i giochi di forza tra le parti in conflitto.
Mentre gli statistici giocano coi numeri per capire a cosa serve un fenomeno sociale e perché si è generato, i comportamentisti lavorano su retroscena e congetture domandandosi “a chi serve”, e cosa (e chi) ci guadagna.
Ora nota bene che parliamo sempre di sociologi, ma ad oggi NON esistono convegni internazionali che tengano insieme gli statistici con gli antropologi e anzi, ti parlo sostanzialmente di persone che quando si incontrano, non si parlano nemmeno.
Proprio il saluto.
Ho sempre pensato ingenuamente che il lavoro di chi cura la visibilità dei progetti web dovesse muoversi a metà strada tra le due culture metodologiche, insomma, perché dover scegliere tra misurare e comprendere l’andamento di un sito web? Col senno di poi invece ho capito che esiste un’inclinazione propria di ciascuno a indossare solo un paio di occhiali e di conseguenza ad avere una sola visione del mondo.
Non ti ancora chiaro il problema, vero?
Ora bada bene, quando un’azienda deve decidere a chi affidare l’incarico di curare la SEO, ADS, l’analisi degli accessi, l’email marketing e in generale tutta la comunicazione aziendale, in mancanza di una conoscenza approfondita dell’interlocutore, tenderà - ed è sempre successo - ad affidarsi a quel professionista capace di analizzare i dati e confermare che un investimento X produrrà un risultato Y, dove X e Y sono valori noti e magari piacevolmente relazionabili.
I consulenti web più pagati, che gestiscono i budget maggiori, sono quelli che ti fanno i settaggi di tracciamento più avanzati su tutte le piattaforme, quelli in grado di mettere in relazione il tasso di conversione con il il tempo di permanenza, col numero di pageviews, giorno e orario, insomma, quelli che sanno “contare” e misurare le cose.
Ora il problema è che c’è in atto una grossa frammentazione della navigazione. Beninteso, il customer journey, vale a dire l’itinerario sul web che trasforma l’utente in cliente, è da tempo un percorso che si muove avanti e indietro tra social, motori di ricerca, sito web (in ordine sparso), ma quello che sta capitando con maggiore accelerazione negli ultimi mesi è proprio una riconfigurazione cognitiva delle logiche di accesso al web. Se da un lato TikTok comincia a vendere direttamente e con un traffico sempre più variegato oltre che in crescita esponenziale, se la gente smette di usare Google per fare ricerche direttamente su ChatGPT - e anche qui si procede a passo speditissimo - allora con tutto il rispetto per quelli bravi a fare i tracciamenti, qui si compie il passaggio che sposta le logiche di fruizione del web dalla consultazione all’intrattenimento, aggiungendoci anche una forte componente emozionale.
Da un lato c’è una contrazione economica, dall’altro una frammentazione dell’offerta in cui per la prima volta tanti piccolissimi su piattaforme come Tiktok vanno a erodere quote di business ai grossi shop, poi mettici il timore a spendere, causato dai venti di guerra, dalla prospettiva dei dazi di Trump e dall’imminente arrivo degli alieni… e cosa pensi di capire facendo i tracciamenti?
Questo per me è il momento di fare SEO e più in generale marketing, abbracciando istanze più legate all’indagine sui comportamenti. Non dico che l’analisi dei dati non serva, anzi tutto l’opposto, ma in questo scenario, le statistiche non sono più in grado di fornirci un quadro esaustivo sui motivi per cui si verificano aumenti o cali nelle vendite. Il bene necessario viene acquistato, mentre quello non necessario richiede una spinta emozionale molto più forte che in passato. E tu lo sai come far diventare necessario un bene? I numeri te lo dicono?
Di questi tempi più che mai, serve avere uno sguardo realmente fresco sulle cose, non su quello che si dice sulle cose e nemmeno su quello che noi pensiamo di sapere sulle cose, ma sulle COSE.
Per questo il brand, per questo la multicanalità, per questo siamo qui a scassarci la testa. Il bello è che oggi abbiamo davvero tutti gli strumenti per guardarci intorno.
Si tratta solo di capire cosa vogliamo farcene.
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Benedetta hard sell. Maledetta hard sell…. Verrebbe da dire.